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Dentro la zona grigia
Argomento: La zona grigia

By: Maut

Posted: 16.03.2008 @ 12:01
Il film racconta di un Sonderkommando ad Auschwitz. I Sonderkommando erano gruppi di prigionieri incaricati di accompagnare (più o meno gentilmente) nelle "docce" gli internati avviati alla morte e poi di raccogliere i loro averi e le parti rilevanti dei loro corpi e portare i cadaveri nei forni crematori. In cambio, non erano soggetti alle "selezioni" e ricevevano un trattamento materiale assai migliore degli altri prigionieri. Nel termine massimo di quattro mesi, tuttavia, anch'essi venivano uccisi e sostituiti. Il Sonderkommando in questione, in particolare, è quello i membri del quale, nell'ottobre del 1944, avendo scoperto che il loro termine era stato fissato, si ribellarono e riuscirono a distruggere alcuni forni crematori e uccidere tre SS.

Tra i personaggi collaterali vi sono un ufficiale tedesco (Harvey Keitel), un medico, ebreo ungherese, che assiste Joseph Mengele nei suoi "esperimenti scientifici" (e che nel dopoguerra scrisse un libro al quale è ispirato in parte il film), una ragazzina che per qualche ragione sopravvive alla camera a gas, tre recluse che, lavorando in qualità di schiave in una fabbrica di munizioni, riescono a rubare alcune quantità di esplosivi e portarle dentro al campo.

Sebbene il caso della ragazzina "miracolata" prenda un certo spazio in termini di tempo e rilevanza, in realtà il film non si concentra su alcun episodio specifico; la stessa ribellione, pur accadimento importante dal punto di vista di principio, è trattata in modo relativamente marginale. Alcuni hanno criticato il film per questa ragione, ma, secondo me, a torto: il suo tema vero, infatti, non è l'episodio, il plot, ma, appunto, la "zona grigia". L'espressione è presa da un capitolo di un libro Primo Levi ("I sommersi e i salvati", se ricordo bene), nel quale si discute appunto dello stato (mentale, sociale, emozionale) dei Sonderkommando, questi gruppi di persone che si trovano al confine: tra vita e morte, tra prigionieri e aguzzini, tra privilegio e inferno, tra verità (ciò che succede davvero) e menzogna ("ricordatevi dove avete messo i vostri vestiti e passate nel locale docce"). L'episodio singolo, in questo contesto, perde di importanza, tranne che proprio nel caso della ragazzina, che finisce per essere un simbolo del desiderio di questi uomini di salvare (se stessi, i propri familiari, chiunque) e che, non casualmente, è anche la voce narrante della fine del film.

Naturalmente è sempre difficile discutere (de)i film sulla Shoah. A me questo è piaciuto molto. Sul piano cinematografico, non è un capolavoro di regia o simili: lo scrittore e regista Tim Blake Nelson (che ricorderete coprotagonista di "Fratello, dove sei?") non è certamente Steven Spielberg. Tuttavia, il film è teso, forte, compatto, sicuro, attento ai dettagli: per la prima mezz'ora si capisce poco, ma questo è evidentemente voluto, per spiazzare lo spettatore, per dargli una frattura secca rispetto al quotidiano e farlo entrare nell'assurdo inferno del campo di sterminio. Fotografia, colori etc. sono quelli giusti per la storia. Il film patisce un po' una forse troppo evidente origine teatrale e un cast non del tutto azzeccato, ma sono difetti da poco a fronte della sensibilità della scrittura e della realizzazione. Sensibilità che, sia chiaro, non si manifesta facendo sconti alla realtà: al contrario, il film è decisamente crudo e non risparmia nulla allo spettatore. Tuttavia, non è per nulla manipolativo né "exploitativo": non ha una briciola di "gore", non ha (o quasi) musica, non ha alcuna tendenza a manipolare i pensieri o le emozioni dello spettatore. Semplicemente lo espone ai fatti, e lo mette quindi davanti allo specchio dei propri pensieri, della propria cultura, del proprio amore o non-amore. In questo ho trovato un bell'omaggio allo stile di Primo Levi, perché questo era esattamente il suo stile, il suo modo di narrare una realtà che non è raccontabile fino in fondo (i sommersi non hanno voce, dice Levi: solo i salvati ce l'hanno, ma essi non hanno vissuto l'inferno fino in fondo), che non ha bisogno di un sovrappiù di passione da parte del narratore, e che non ha senso manipolare, sfruttare o edulcorare.

Si tratta dunque di un film molto diverso da altri su temi analoghi e che mi sento di consigliare di cuore a chiunque sia interessato al tema (e chi potrebbe non esserlo?).
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Dentro la zona grigia by Maut, 16.03.2008 @ 12:01
 

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